giovedì 12 gennaio 2012

Perchè si scrive su un blog?

Leggo, copio ed incollo:

“Lei è la parodia del giornalismo”. “La sua dichiarazione di incompetenza è la parte migliore di quel che dice”. “E’ la solita: arrogante, faziosa, mistificatrice. Semplicemente ignobile”. “Che bello! Tutti quelli che la pensano in modo diverso da lei sono dei troll!”.
Chiariamoci. Chiunque scrive per un blog ha ben chiaro: 1) che la libertà d’espressione è una di quelle cose per le quali vale la pena alzarsi la mattina, anche nei giorni di pioggia, e 2) ne è tanto convinto da mettersi in gioco per primo, sottoponendosi al giudizio altrui.
Ciascun post della 27esima ora è un invito diretto a chi legge: hai avuto la mia stessa esperienza? Cosa possiamo fare per cambiare le cose? Ci sono altri punti di vista da cui esaminare la questione? Dimmi cosa ne pensi e vediamo di tirarci fuori qualcosa di buono, tutti insieme.
Certi post hanno grande successo, altri meno. Fa parte del gioco.
Quello che però non capisco è la furia di certi commenti che, saltata a pie’ pari la questione sul tavolo, si riducono a puri e semplici insulti verso chi scrive.
Siete arrabbiati per il tempo perduto leggendo?


Alcuni commentano: ma perché dobbiamo sorbirci certe idiozie? Nessuno vi obbliga, è la risposta: basta un clic e in un secondo siete già proiettati altrove. E allora qual è il vero problema?
Slate si è costruito la sua teoria: il commentatore rabbioso, quello che è scosso da brividi di piacere nel dar voce al proprio risentimento, è una nuova categoria con cui bisogna imparare a fare i conti. E si spinge oltre, ipotizzando che la sezione commenti dei giornali online svolga una funzione sociale: lì le persone possono sfogare il loro lato peggiore per poi tornare a comportarsi in modo civile nella vita reale (perché l’assunto di partenza è che siano persone normali, magari di quelle che suonano il clacson ai semafori se l’automobilista davanti non parte all’istante, ma che non si azzarderebbero mai ad insultare i professori dei propri figli o il collega di lavoro).

Il periodo di difficoltà che stiamo attraversando ha accresciuto a dismisura il risentimento: verso i politici (non ho mai sentito tanti improperi per strada al solo passaggio di un’auto blu) e verso chi è detentore di una qualsiasi forma di privilegio, vero o molto spesso presunto (e i giornalisti fanno parte di questa ampia categoria). Tutto ciò va messo nel conto. Però deve esserci anche dell’altro.

Qualunque ulteriore indizio o informazione possa aiutarci a comprendere questa specie misteriosa e affascinante di commentatore arrabbiato – scriviamo con Slate - è il benvenuto.

6 commenti:

  1. E questa e' la teoria del pensierino secondo me.
    Ne scrissi ai tempi abbondantemente.
    Vedo che se ne accorgono anche altri.

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  2. ho letto proprio oggi un post, qui, con ottimi spunti di riflessione sulla rete, sull'informazione, anche se va leggermente ot in senso piu' generico, ma sono concetti che dovremmo sapere o che comunque credo abbiamo acquisito anche attraverso l'esperienza di avere un blog

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  3. I bravi ragazzi di CasaPound: http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_gennaio_12/morte-saviotti-casapound-1902835333139.shtml

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  4. Credo che l'insulto online sia figlio dell'anonimato che internet garantisce, o perlomeno sostiene di garantire.

    Di certo l'anonimato (o la sensazione di essere anonimi) fa molta presa su un certo tipo di persone.

    Non faccio fatica a credere che si tratti di persone che dal vivo non avrebbero mai il coraggio di dire o mettere in pratica quel che scrivono.

    Chi insulta da anonimo su un blog, secondo me, non è molto diverso da chi vede, ad esempio, la polizia picchiare dei manifestanti in tv e ne prende le parti e pontifica di cosa farebbe lui se avesse l'opportunità di essere al posto dei poliziotti.

    In realtà se fosse presente molto probabilmente abbasserebbe lo sguardo, cercherebbe di cambiare direzione e pregherebbe di non essere coinvolto in una situazione che non avrebbe la minima idea di come gestire.

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  5. grazie dei commenti (non contenenti insulti :D ).
    Non ho letto tutto quello che ha linkato andima, ma credo di averne colto il significato e devo dire che mi ritrovo.
    Almeno personalmente lo scrivere su un blog e commentare su altri mi permette di esprimere realmente me stesso.
    Sfogare in qualche modo la possibilità repressa, fin d'ora, di dire quello che volevo.

    Altri modi ce ne sono davvero pochi.

    Con il voto o con la politica, ormai è impossibile.
    Con le proteste, anche, sono tutte canalizzate.
    Il mainstream è chiaramente off-limits, preferiscono dare spazio a ladygaga o un partecipante del grande bordello, piuttosto che a comuni cittadini.

    La rete, i blog, i commenti, hanno dato libero sfogo a tutti.
    Rappresenta la grande utopia dei 5 minuti di 'fama' per ognuno.

    C'è chi lo sfrutta per esternare un opinione e chi rimane 'anonimo' con inslti, grida, minacce...

    Non so se ricordate l'esperimento di radio radicale, circa una ventina di anni fa?
    Lasciarono la linea telefonica aperta, ognuno poteva telefonare e dire cio' che voleva, in una radio nazionale.
    Il rsultato?
    Bestemmie, beceri insulti (politici, calcistici, personali, regionali, religiosi, razzisti...) ma anche tanti (passati inosservati) che dissero la loro su politica, sociale, problemi generali.

    Quindi, è vero cio' che dite, l'anonimato che protegge, i 'pensierini'...ma credo ci siano anche persone vere.
    Chi si prende la briga di trascorrere del tempo in rete, scrivendo, commentando, non sempre è solo un provocatore.

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  6. IO la vedo come Barnard.
    LA rete consente di pubblicare le tue idee ovunque.
    Apri un blog, un sito, e scrivi i tuoi pensieri.
    Non vedo perche' tu debba andare ad insultare gli altri che non la pensano come te.

    Ecco perche' in altri blog che ho aperto, i commenti sono disabilitati. Scrivo alcune idee. Chi non e' d'accordo apre il suo blog e dice la sua.

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