venerdì 19 agosto 2011

Ecco come si fa

Con colpevole ritardo assisto (e mi piace pubblicare) ad una lezione del genere, una lezione con parole tanto piene, chiare e dirette, che non riesco ad aggiungere altro, se non che, in fondo al tunnel, intravedo la luce.

Come si fa

Anche l’amore nel tempo precario/ è diventato una cosa per vecchi,/ un privilegio di anziani amanti/ che hanno del tempo da dedicarsi/ Noi eredi di un secolo feroce/ che rispettava soltanto il futuro,/ siamo il futuro promesso,/ l’ultimo forse però, perché il profitto/ non rispetta né il domani né l’adesso.

Il patto è stato cancellato/ perché la regola non vale nulla/ quando non c’è la forza per imporla./ Ora ciascuno è privato,/ e solitario elabora segnali/ sullo schermo mutevole che irradia/ intima luce ipnotica. Riceve/ ordini telefonici, e risponde/ con voce allegra perché non è concesso/ ch’altri conosca l’intima afflizione/ che ci opprime./ Talvolta sul contratto di assunzione/ è compresa una norma che ti impegna/ a non suicidarti./ Questo non ferma certo l’espansione/ dell’esercito immenso di coloro/ che levano la mano su se stessi./

Nel solo mese di maggio/ all’azienda trasporti di Bologna/ si sono uccisi tre lavoratori./ Dieci anni fa erano tremila/ i conducenti degli autobus cittadini,/ oggi sono soltanto milleduecento/ e il traffico non è certo meno intenso./ Alle officine Foxsson/ si danno fuoco giovani operai./ A migliaia s’immolano/ i contadini indiani,/ alla Telecom France/ si ammazzano a decine per il mobbing./ In molte fabbriche italiane/ minacciano di buttarsi giù dal tetto./ E’ un sistema perfetto/ razionale, efficiente, produttivo./ Chi s’ammazza è un cattivo/ cittadino che non ha capito bene/ come funziona il nuovo ordinamento./ Devi essere contento,/ partecipi allo sforzo collettivo/ che rilancia la crescita e impedisce/ che il deficit sorpassi il tre per cento.


Brucia ragazzo brucia/ brucia la banca centrale/ e quella periferica./ A poco servirà, purtroppo/ Perché i numeri che ti rovinano l’esistenza/ Non sono conservati in nessuna banca,/ neppure in quella centrale./ Vagano nell’infosfera/ E nessuno li può cancellare./ I nemici nascosti sono numeri/ Null’altro che astratte funzioni,/ integrali, algoritmi e deduzioni/ della scienza economica./ Ma come puoi chiamare scienza/ questo sapere che non sa niente/ questo assurdo sistema di assiomi/ di tecniche che spengono la vita/ per non uscire dalle previsioni/ di spesa?/ Non è una scienza, è una superstizione/ che trasforma le cose in astrazione/ la ricchezza in miseria/ e il tempo in ossessione./

Meglio andarsene di qui, ecco come si fa./ Meglio lasciare vuoto/ il luogo dell’obbedienza e del sacrificio./ Meglio dir grazie no a chi ti propone/ sopravvivenza in cambio di lavoro./ Impariamo a essere asceti/ che non rinunciano al piacere né alla ricchezza/ ma conoscono il piacere e la ricchezza/ e perciò non li cercano al mercato./ Come gli uccelli nel cielo/ e come i gigli nei campi/ non abbiamo bisogno di lavoro/ né di salario, ma di acqua e di carezze,/ di aria, di pane, e dell’infinita ricchezza/ che nasce dall’intelligenza collettiva/ quando è al nostro servizio, non al servizio/ dell’ignoranza economica.

Se vuoi sapere come si fa/ io posso dirti soltanto/ quello che abbiamo imparato dall’esperienza./ Non obbedire a chi vuole la tua vita/ per farne carcassa di tempo vuoto./ Se devi vendere il tempo in cambio di danaro/ sappi che non c’è somma di danaro/ che valga il tuo tempo./

E’ comprensibile che qualcuno pensi/ Che solo con la violenza/ Possiamo avere indietro/ Quello che ci han sottratto./ Invece non è così,/ - dispongono di armate professionali/ che la gara della violenza la vincerebbero/ in pochi istanti./ Quel che puoi fare è sottrargli il tempo della tua vita./ Occorre diventare ciechi e sordi e muti/ quando il potere ti chiede/ di vedere ascoltare e parlare./

L’esodo inizia adesso/ andiamocene via/ ciascuno col suo mezzo di trasporto./ Meglio morto/ che schiavo dell’astratto padrone/ che non conosce/ dolore né sentimento né ragione./ Ma meglio ancora vivo/ senza pagare né il mutuo né l’affitto./ Quel che ci occorre non è nostro/ se non nel breve tempo di un tragitto./ Quando arrivi parcheggi,/ lasci le chiavi e lo sportello aperto/ per qualcun altro che deve spostarsi/ nella città, sui monti o nel deserto./

Ecco come si fa./ Si smette di lavorare/ ché di lavoro non ce n’è più bisogno./ Occorre svegliarsi dal sogno/ malato della crescita infinita/ per veder chiaramente/ che c’è una bolla immensa di lavoro inutile/ che si gonfia col nostro tempo./ Inventiamo una vita che non pesa,/ Che non costa./ Una vita leggera./

E poi sai che ti dico?/ Non ti preoccupare del tuo futuro/ Che tanto non ce l’hai. E’ tutto destinato/ A pagare l’immenso debito accumulato/ Per ripianare il debito delle banche./ Il futuro di cui parlano gli esperti/ è sempre più tetro ogni giorno/ che passa. E’ meglio che diserti/ e comunichi intorno/ il lento piacere dell’essere altrove./ Ecco come si fa.


1 commento:

  1. la parabola del contadino e dello speculatore...

    http://www.youtube.com/watch?v=oxczSZ3etDE

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